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Intelligenza Artificiale: bolla o nuovo eldorado?
Intelligenza Artificiale: bolla o nuovo eldorado?
15 giugno 2023#Innovation

Intelligenza Artificiale: bolla o nuovo eldorado?

Sensori, robot, automobili a guida autonoma o assistenti virtuali che rispondono via chat

Sono soltanto alcuni dei dispositivi che oggi funzionano grazie all’intelligenza artificiale (IA), cioè la tecnologia che è alla base di molti macchinari ormai largamente utilizzati nell’industria e nel settore dei servizi, capaci di sostituire il lavoro umano.

Nella comunità finanziaria internazionale, sempre a caccia di occasioni di guadagno, l’intelligenza artificiale si sta trasformando in un vero e proprio oggetto del desiderio, per una ragione che non è difficile da capire: se lo sviluppo impetuoso di questa innovazione tecnologica proseguirà a ritmi serrati come quelli di oggi, ci sono aziende quotate sulle borse di tutto il mondo che hanno buone probabilità di fare una montagna di ricavi e profitti nei decenni a venire. Quali sono queste aziende?

È proprio partendo da tale interrogativo che la business community si è messa in azione, riversando una montagna di soldi verso le società tecnologiche meglio posizionate per cavalcare la rivoluzione dell’IA. Va detto, però, che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale ha origini antiche e risale alla metà del secolo scorso. 

Nel 1950 il matematico britannico Alan Turing scrisse un articolo  (intitolato “Computing machinery and intelligence”) in cui definì i criteri per costruire una macchina intelligente, dotata di almeno 4 capacità: quella di comunicare con l’esterno, di immagazzinare informazioni, di utilizzare i dati per trarre conclusioni o rispondere a domande e, infine, di apprendere automaticamente sulla base di circostanze esterne che mutano nel tempo. Partendo da questa pietra miliare, la scienza ha sviluppato sempre più dispositivi basati sull’IA che, a partire dagli anni ’80 del ventesimo secolo, hanno trovato sempre più spazio nei macchinari dell’industria sostituendo progressivamente il lavoro umano. Ora, però, questo trend dell’innovazione sta subendo una ulteriore svolta.

Intelligenza Artificiale Generativa: l’esempio di ChatGPT

Oggi, sempre più spesso, si parla di intelligenza artificiale generativa, una tecnologia che è in grado di creare testi scritti, immagini, video, brani musicali e altri tipi di contenuti, rispondendo alle richieste che arrivano dagli utenti. Proprio l'intelligenza artificiale generativa è alla base della discussa e contestatissima ChatGPT, l'applicazione sviluppata in America da OpenAI (una società senza fine di lucro), che risponde alle domande degli utenti su qualunque argomento, crea testi scritti o li traduce in varie lingue.

Oltre a sostituire il lavoro fisico dell’uomo, dunque, l’intelligenza artificiale sembra destinata sempre più a sostituirne anche il lavoro intellettuale, almeno per certe mansioni, innescando una vera e propria rivoluzione nell’economia e nella società. Nella prospettiva che questa rivoluzione si realizzi, dunque, gli investitori hanno riversato una montagna di soldi su alcune aziende che hanno un business legato all’IA e sono quotate in prevalenza sulle borse americane.

È il caso per esempio di Nvidia, che ha sede a Santa Clara ed è quotata sul listino tecnologico del Nasdaq: dall’inizio dell’anno le sue azioni hanno guadagnato ben il 158% (dati aggiornati al 12 giugno) e in un quinquennio hanno avuto un rendimento stellare di oltre il 500%. Il boom sul listino è dovuto principalmente alla crescita della domanda di processori prodotti dall’azienda, che stanno trovando una sempre maggiore applicazione con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale generativa.

IA e mercati finanziari

Niente di meglio per fare gola agli investitori che hanno fatto a gara ad acquistare i titoli Nvidia sul Nasdaq. Un rialzo a tre cifre è stato messo a segno anche da altre azioni come quelle di Palantir Technologies, azienda con sede a Denver, in Colorado, specializzata nell’analisi dei big data, un altro ambito che sta avendo un grande sviluppo grazie all’AI. Nell’ultimo anno, il titolo Palantir ha raddoppiato a Wall Street il proprio valore, guadagnando il 104%.

Nel business dell’intelligenza artificiale sono però coinvolte anche le grandi corporation del settore tecnologico e non soltanto le aziende più specializzate. Big del calibro di Alphabet (che controlla Google), Microsoft, Meta (che controlla Facebook e Instagram) stanno sviluppando applicazioni e progetti basati sull’AI. Si tratta però di un terreno ancora in gran parte inesplorato, con diverse zone d’ombra. Chi ha seguito le cronache degli ultimi mesi saprà bene che sull’intelligenza artificiale si è aperto un ampio dibattito e persino un vulcanico imprenditore come Elon Musk, fondatore di Tesla, ha invitato a mettere un freno allo sviluppo dell’IA generativa, per non rischiare sconvolgimenti epocali. Senza dimenticare ciò che è accaduto a OpenAI, che in Italia è stata bloccata dal Garante per la privacy e che ha rallentato lo sviluppo dell’ultima versione di ChatGPT, in attesa che i Paesi europei approvino normative più definite sull’intelligenza artificiale.

L’Ue ha infatti messo in cantiere l’AI Act, un pacchetto di norme che dovrebbe regolare l’utilizzo di queste nuove tecnologie. Si tratta di un tema che non può non interessare colossi dell’hi-tech come Microsoft, che sta puntando massicciamente in OpenAI. A gennaio scorso, per esempio, il colosso statunitense ha inaugurato un piano di investimenti di ben 11 miliardi di dollari per OpenAI, nella prospettiva di portare l’intelligenza artificiale nei suoi sistemi operativi (a partire da Windows 11).

Come sempre avviene quando c’è grande euforia attorno a una innovazione tecnologica con fiumi di soldi in ballo, il rischio che scoppi una bolla speculativa è tuttavia però sempre dietro l’angolo, come del resto avvenne nel 2000 con i titoli delle dot.com, le aziende con un business legato a internet. È vero infatti che l’intelligenza artificiale cambierà le nostre vite nel medio e lungo periodo, ma in borsa esiste una regola vecchia come il mondo: quando il prezzo di un titolo corre troppo, rischia prima o poi di fare un brusco capitombolo.

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