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Materie prime e valute: ecco com’è andato il 2022
Materie prime e valute: ecco com’è andato il 2022
27 dicembre 2022#WeeklyWatch

Materie prime e valute: ecco com’è andato il 2022

Un anno a due facce, in cui c’è un prima e un dopo. Può essere definito così il 2022 per il settore delle materie prime

Nei 12 mesi passati, l’indice delle commodity (Bloomberg Commodity Index) ha infatti vissuto sostanzialmente due fasi diverse. La prima, protrattasi dall’inizio dell’anno fino ai primi giorni di marzo, ha visto una fortissima impennata dei prezzi che in poco più di 2 mesi ha portato su l’indice di circa il 45%. La causa di questo rialzo è stata l’esplosione della guerra in Ucraina e le conseguenti tensioni tra Russia e Occidente. La seconda fase, che va dall’inizio di marzo sino alla fine dell’anno, ha invece visto una tendenza laterale/discendente dell’indice generale delle materie prime, determinata dallo stabilizzarsi del contesto bellico in Europa orientale e dall’irrompere di diffuse aspettative di un raffreddamento del ciclo economico globale. Quest’ultimo è una conseguenza della guerra ma soprattutto del progressivo e marcato irrigidimento delle politiche monetarie di quasi tutte le principali banche centrali dei paesi sviluppati.

In termini settoriali”, dice Corrado Cominotto, responsabile delle Gestioni Patrimoniali attive di Banca Generali, “il 2022 ha visto come unico e forte outperformer il comparto energetico mentre gli altri settori hanno sottoperformato, in particolare i metalli preziosi e quelli industriali, penalizzati dal contesto macro di tassi in rialzo e, nel caso specifico dei metalli industriali, dall’ indebolimento del ciclo economico

Cosa aspettarsi per le materie prime nel 2023?

E’ molto probabile”, continua Cominotto, “che la tendenza laterale/discendente vista nella seconda fase del 2022 possa proseguire anche nel 2023, in conseguenza dei sempre più evidenti segnali di rallentamento dell’economia globale”. A livello settoriale, il responsabile delle Gestioni Patrimoniali attive di Banca Generali dice di attendersi “una sottoperformance del comparto energetico mentre le caratteristiche difensive del settore delle materie prime agricole e dell’oro potrebbero far performare entrambi meglio dell’indice generale”.  Nella fase attuale, permane comunque come fattore di rischio (rialzista quando si parla di materie prime) quello di un ulteriore aggravamento o allargamento del contesto bellico in Ucraina.

Gli eventi bellici hanno condizionato anche il mercato delle valute.  Il 2022 è stato l’anno del dollaro Usa, trainato dapprima dal suo tradizionale ruolo di “safe haven” (cioè di rifugio) nelle crisi geopolitiche e militari (come quella in Ucraina) e poi dalla maggior velocità relativa della Federal Reserve (la banca centrale statunitense) rispetto alle altre banche centrali, nell’ effettuazione della manovra di riadeguamento dei tassi di interesse al mutato contesto inflattivo globale.

La forza della moneta americana  si è espressa contro tutte le principali valute, europee o asiatiche e ha portato l’indice del dollaro Usa “trade weighted” (cioè ponderato per il valore commerciale) a segnare un rialzo superiore al 20% a fine settembre rispetto ai livelli di inizio 2022; a partire dall’avvio del quarto trimestre è cominciata invece una fase ribassista per il dollaro, dovuta essenzialmente allo stabilizzarsi attorno al 5% delle attese dei mercati relative al tasso di interesse obiettivo dei Fed Funds al termine dell’attuale ciclo di politica monetaria.

Particolarmente deboli nell’anno sono state le due principali valute asiatiche cioè lo Yen giapponese e il Renmimbi cinese; nel primo caso, ha influenzato negativamente la divisa il fatto che la Bank of Japan, unica tra le grandi banche centrali dei paesi sviluppati, non abbia, a eccezione dell’ultimo meeting dell’anno, modificato la sua politica di tassi zero e controllo della curva (0-0,25% dalle scadenze brevi fino ai 10 anni) mentre nel secondo caso ha pesato soprattutto il rigore anti-Covid del governo cinese con i conseguenti ripetuti blocchi delle attività economiche, a macchia di leopardo su tutto il paese.

Quali sono le prospettive per le principali valute nel 2023?

Per il dollaro Usa”, dice Cominotto, “dovremmo assistere a una fase di stabilizzazione/debolezza del cambio con l’euro favorita soprattutto dal progressivo restringersi del differenziale dei tassi d’interesse tra gli Stati Uniti e l’Eurozona” Sulle scadenze a 12 mesi, per esempio si è già passati dai massimi estivi pari a circa 275 punti-base (2,75%) agli attuali circa 205 punti base (2,05%)”

Per lo yen giapponese, invece, la politica ultraespansiva della Bank of Japan è terminata con l’ultimo meeting di dicembre e il differenziale tassi rispetto al dollaro statunitense su scadenze brevi si colloca attualmente su livelli tra il 4,5 ed il 5%, toccati nel periodo della crisi asiatica della seconda metà degli anni ’90 del secolo scorso e poi prima della crisi finanziaria del 2008, ai tempi del fallimento della banca d’affari Lehman Brothers. “Anche l’inflazione giapponese, pur bassa per gli standard occidentali”, continua Cominotto, “ha ormai superato il 3,5% e stride sempre più con tassi a zero o quasi. Tutto ciò dovrebbe portare ad una rivalutazione dello yen sia rispetto al dollaro Usa che all’euro”.

Infine, uno sguardo al Renmimbi cinese. L’attenuarsi della politica zero-Covid di Pechino, ormai in fase di revisione da parte delle autorità, unitamente ai costanti forti surplus commerciali per Cominotto dovrebbero riportare il tasso di cambio tra renmimbi e dollaro statunitense su livelli più bassi rispetto all’attuale 6,95.

Anche nel caso delle valute, il responsabile delle Gestioni Patrimoniali attive di Banca Generali menziona come principale rischio rispetto allo scenario sopra delineato quello di un aggravarsi o allargarsi del contesto bellico in Ucraina.

Corrado Cominotto, responsabile Gestioni Patrimoniali attive di Banca Generali Corrado Cominotto, responsabile Gestioni Patrimoniali attive di Banca Generali
“In termini settoriali il 2022 ha visto come unico e forte outperformer il comparto energetico mentre gli altri settori hanno sottoperformato, in particolare i metalli preziosi e quelli industriali, penalizzati dal contesto macro di tassi in rialzo e, nel caso specifico dei metalli industriali, dall’ indebolimento del ciclo economico”

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