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Euro più interessante del dollaro
Euro più interessante del dollaro
26 aprile 2023#WeeklyWatch

Euro più interessante del dollaro

Poiché molti pensano che l'aumento dei tassi negli Usa sia più vicino al capolinea, c'è chi pronostica un dollaro debole nei prossimi mesi. Ecco perché

La miscela potenzialmente esplosiva rappresentata dalla combinazione di tassi d'interesse in crescita e di possibili effetti sistemici innescati dalle recenti crisi bancarie negli Stati Uniti, in Germania e in Svizzera, costituisce la principale preoccupazione degli esperti di mercato. La progressiva stretta imposta dalle principali banche centrali nel tentativo di raffreddare la spinta inflattiva in atto pone infatti non pochi interrogativi agli addetti ai lavori sulla forza che avrà l’euro nei confronti del dollaro. Non a caso questo è stato uno dei temi al centro del 34imo workshop Ambrosetti che ha ospitato osservatori, investitori, imprenditori e analisti. Le traversie che hanno coinvolto diversi istituti di credito su entrambe le sponde dell'Atlantico nelle ultime settimane sono state indicate, da molti degli esperti presenti all’incontro, come il principale motivo di inquietudine. Inoltre, rimane elevata l'attenzione sui prezzi delle materie prime, seguita dal rallentamento della globalizzazione, dalle minacce cibernetiche e dalla crescente rivalità sinoamericana. In coda alle preoccupazioni degli imprenditori che hanno partecipato all’incontro e hanno espresso le proprie opinioni in un sondaggio, risultano esserci il protrarsi della guerra tra Russia e Ucraina e le dinamiche del cambiamento climatico (2,3%), che – sebbene si trovino oggi sullo sfondo - non contribuiscono a restituire un quadro di complessiva stabilità politica, economica, finanziaria e monetaria. Fatte queste premesse, il sondaggio realizzato al Forum Ambrosetti il 30,9% degli imprenditori vede, in prospettiva, crescere la forza dell'euro.

 

Quali sono i fattori che incidono maggiormente al riguardo? La solidità della ripresa dell'economia statunitense e la traiettoria dei tassi negli Stati Uniti e in Eurozona saranno determinanti per capire la direzione che prenderà il dollaro, valuta che tradizionalmente svolge una funzione chiave nei portafogli di investitori costretti a fare i conti con uno scenario globale molto incerto. La tendenza ribassista del biglietto verde nei confronti della moneta unica, secondo gli esperti interpellati, potrebbe proseguire soprattutto nel breve periodo, sull'onda dell'ottimismo per il rallentamento dell'inflazione negli Stati uniti e per la politica monetaria da falco della Banca Centrale Europea. Ma la situazione resta piuttosto incerta a causa dei segnali contrastanti che arrivano dall'economia.

Per la maggior parte degli analisti, l'emergere di una divergenza di politica monetaria tra la Federal Reserve e la Banca Centrale Europea renderebbe l'euro più interessante del dollaro. Anche se è probabile che la determinazione della Bce a combattere l'inflazione vacilli presto, la Fed e la Bce si trovano in fasi diverse dei loro cicli di rialzo dei tassi. Mentre la Fed sembra puntare alla fine del ciclo di rialzo dei tassi e il mercato scommette su un imminente taglio del costo del denaro, la domanda che si pone la Bce non è se, ma di quanto ancora aumenterà i tassi di interesse.

Il dollaro – secondo gli esperti - probabilmente continuerà ad indebolirsi nella seconda metà dell'anno, quando i dati sull'inflazione e sull'attività economica degli Stati Uniti rallenteranno e la Federal Reserve riconoscerà questi trend generali. Secondo alcuni analisti il cambio euro/usd dovrebbe salire a 1,15 entro la fine dell'anno. Il cammino verso un dollaro più debole sarà impervio e potrebbe essere interrotto se dovessero la crisi bancaria si intensificasse o se dovessero emergere nuove sfide, come la crisi del tetto del debito statunitense nel terzo trimestre.

Secondo gli osservatori l'euro beneficerà anche di un'eventuale risoluzione della guerra in Ucraina che tuttavia non è prevista nel breve.

L’Ue è quindi pronta a salutare definitivamente il mini-euro? “Un allentamento dello shock sui prezzi delle importazioni nell'Area Euro, grazie alle più contenute spese energetiche, aiuterà l'Euro. È probabile che il peso dei deflussi netti degli investimenti diretti esteri diminuisca. Le prospettive a breve termine sono più bilanciate a causa della scarsa propensione al rischio, ma prevediamo che il cambio Eur/Usd si stabilizzi sopra 1,10 entro la fine dell'anno. Il rischio principale sarebbe l'escalation dello stress bancario nell'Area Euro, che potrebbe mettere in discussione la resilienza nella regione e ripristinare il dollaro come rifugio sicuro”, commenta Thomas Hempell, Head of Macro & Market Research di Generali Investments.

Solo sei mesi fa la moneta unica europea valeva meno di un dollaro; ora ha già recuperato oltre il 10%. E se non ci saranno nuovi terremoti, verrà meno il ruolo di bene rifugio del dollaro. Ciò accadrà a beneficio dell'euro. Per consolidare il quadro serve che non intervengano fattori geopolitici destabilizzanti, né fiammate inflazionistiche non previste. E anche se questo quadro si realizzasse, c'è chi invita alla cautela.

 

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