Alla base di questa dinamica sembra esserci proprio l’incertezza innescata dalle politiche dell’amministrazione Trump e il suo impatto sul dollaro.
“La narrativa del ‘picco’ dell’eccezionalismo americano ha riattivato l’interesse degli investitori per aree geografiche diverse dagli Stati Uniti, tra cui i mercati emergenti. Di fatto, la negatività diffusa di azioni e titoli di stato americani del primo trimestre 2025, esacerbata dal forte deprezzamento del dollaro, ha ripristinato l’idea che sia necessaria d’ora in avanti una maggiore diversificazione geografica, dopo anni in cui gli investitori internazionali sono stati eccessivamente concentrati su asset statunitensi”, spiega Alessio Enrico Gerbella, Responsabile Gestioni Patrimoniali Family Office di Banca Generali.
Questo nuovo scenario ha avuto tra i maggiori beneficiari proprio i mercati emergenti, “che stanno godendo di flussi di capitali in ingresso, grazie in particolare al deprezzamento del dollaro”, spiega il gestore.
Il biglietto verde è infatti il canale attraverso cui i mercati stanno prezzando una serie di incertezze sugli Stati Uniti: la politica fiscale, i rapporti commerciali con il resto del mondo, prospettive di crescita in indebolimento e i dubbi sulla futura indipendenza della Federal Reserve.
“Un dollaro debole è infatti uno dei catalizzatori maggiormente positivi per gli asset emergenti e le aspettative sono per un ulteriore ribasso, alimentato appunto dalla rotazione geografica per finalità di diversificazione e che trova conferma in un’importante survey di Bank of America sui portafogli degli investitori internazionali, che vede il più forte sottopeso di dollaro degli ultimi venti anni”, continua Gerbella.