Vai al contenuto principale
  • Website in English, switch to italian
Vai al contenuto principale
La Fed al bivio
16 settembre 2025#WeeklyWatch

La Fed al bivio

La banca centrale americana, dopo gli ultimi dati molto deboli sul mercato del lavoro, va verso un taglio dei tassi. Ma l’inflazione è ancora sopra il target e, complici dazi e stimoli fiscali, minaccia di rialzare la testa. Uno scenario con diversi rischi, da affrontare con cautela sull’obbligazionario e diversificazione attraverso la gestione attiva

Tagliare i tassi rapidamente per sostenere economia e mercato del lavoro o mantenere una linea prudente per evitare il rischio di riaccendere l’inflazione. È questa la (difficile) scelta che si trova di fronte il board della Federal Reserve, in una fase di incertezza sulla traiettoria della crescita e dei prezzi negli Usa, a causa dell’impatto non ancora del tutto chiaro dei dazi introdotti dall’amministrazione Trump.

Un vero dilemma a cui i funzionari della banca centrale Usa dovranno trovare una prima risposta nella riunione del 17 settembre e che è complicato dalla presenza di ulteriori fattori: dalle incessanti richieste e attacchi del presidente Donald Trump dirette verso il numero uno della Fed, Jerome Powell, al peso crescente del debito pubblico americano. Se un taglio dei tassi è dato quasi per scontato (il mercato lo giudica probabile al 94%), la sua dimensione e soprattutto la traiettoria del costo del denaro nei prossimi mesi sono assai meno prevedibili.

La Federal Reserve si trova di fronte a un bivio alla luce degli ultimi dati macroeconomici. Da un lato, deve contenere l’inflazione; dall’altro, sostenere l’occupazione", sintetizza Generoso Perrotta, Head of Financial Advisory di Banca Generali.

Inflazione USA, segnali contrastanti

L’attesissimo dato sull’inflazione Usa di agosto, pubblicato la scorsa settimana, è stato in linea con le attese degli analisti, ma causa più di un grattacapo alla Fed. L’indice dei prezzi al consumo core ha segnato un +3,1% su base annua, ancora ben al di sopra del target della banca centrale e, per giunta, in accelerazione rispetto al mese di luglio.

L’accelerazione dell’inflazione è stata “interamente attribuibile ai beni core. Un segnale di come le pressioni tariffarie stiano influenzando in modo indiretto l’intero comparto dei beni durevoli. Le categorie di beni più esposte ai dazi di Trump hanno mostrato incrementi dei prezzi, mentre quelle meno esposte alle tariffe hanno registrato un rallentamento, confermando che è in corso un passaggio graduale dei costi” verso i consumatori e “con la normalizzazione delle importazioni e delle scorte e la possibile rimozione di alcune esenzioni dai dazi, l’impatto sui prezzi potrebbe intensificarsi nei prossimi mesi”, spiega Perrotta.

Segnali contrastanti sono arrivati invece dall’inflazione nel settore dei servizi, dove se da un lato continua a mantenersi elevata l’inflazione dei prezzi degli affitti, si è registrata una in attesa deflazione inattesa nei servizi sanitari e ricreativi.

Mercato del lavoro, la debolezza è ormai evidente

Se un’inflazione ancora prossima al 3% e in accelerazione impone un approccio più cauto in virtù del doppio mandato della Fed, il raffreddamento del mercato del lavoro emerso in modo abbastanza netto nelle ultime rilevazioni rappresenterebbe di per sé un valido motivo per l’istituto centrale per ridurre in modo deciso i tassi di interesse”, sottolinea l’esperto di Banca Generali.

Il mandato politico della Federal Reserve, infatti, non si limita alla stabilità dei prezzi, ma prevede anche di assicurare la piena occupazione nell’economia Usa.

Gli ultimi rapporti mensile sul mercato del lavoro Usa dipingono però un quadro di preoccupante rallentamento nella creazione di nuovi posti di lavoro. Il dato sul mese di agosto ha rivelato la creazione di soli 22.000 nuovi posti, mentre negli ultimi report sono stati costantemente rivisti al ribasso i dati dei mesi precedenti, successivi allo shock dei dazi annunciati nel Liberation Day.

Anche la crescita salariale “ha mostrato segni di rallentamento, mentre il tasso di disoccupazione è salito, raggiungendo il livello più alto dal 2021. La quota della popolazione inattiva è aumentata, e le richieste settimanali di sussidi di disoccupazione sono in crescita. Sebbene si tratti di movimenti ancora contenuti, la combinazione di inflazione persistente e mercato del lavoro in deterioramento potrebbe alimentare il rischio stagflazionistico, un contesto particolarmente sfidante per la politica monetaria”, avverte Perrotta.

E guardando al 2026, “emerge anche il rischio di una ulteriore riaccelerazione dell’inflazione, alimentata dagli stimoli fiscali negli Stati Uniti e da politiche espansive in Cina, Europa e Giappone. In questo scenario, un allentamento monetario troppo marcato da parte della Fed potrebbe rivelarsi prematuro”, aggiunge l’esperto di Banca Generali.

Il pressing di Trump

A complicare ulteriormente il quadro c’è la pressione politica della Casa Bianca. Solo nella giornata di lunedì il presidente Trump sui social ha rinnovato l’invito a Powell di “tagliare i tassi più di quanto stia pensando” e reiterato l’intenzione di licenziare Lisa Cook, membro del board della banca centrale, dopo che una corte dello Stato di New York ne ha sospeso la destituzione.

Implicazioni per i mercati: diversificazione e cautela sul rischio tassi

In un contesto in cui stagflazione e reflazione non sono più scenari remoti, ma ipotesi concrete da considerare con attenzione, “le decisioni di politica monetaria continueranno a influenzare in modo diretto l’andamento delle principali asset class. In particolare, se l’inflazione dovesse rivelarsi più persistente del previsto, il comparto obbligazionario potrebbe trovarsi sotto pressione, con rendimenti destinati a salire”, avverte Perrotta.

In questo quadro, la cautela resta fondamentale, soprattutto nella gestione del rischio tasso. Tuttavia, l’approccio generale ai mercati rimane costruttivo, a patto di adottare una strategia ben diversificata. Comprendere le dinamiche macro in evoluzione e monitorare con attenzione i dati sarà cruciale per orientare le scelte di portafoglio. In uno scenario in cui le variabili si moltiplicano, la gestione attiva, grazie alla sua selettività e capacità di adattamento, diventa una leva decisiva per cogliere le opportunità e proteggere il capitale”, conclude l'Head of Financial Advisory di Banca Generali.

Generoso Perrotta, Head of Financial Advisory di Banca Generali. Generoso Perrotta, Head of Financial Advisory di Banca Generali.
La Federal Reserve si trova di fronte a un bivio alla luce degli ultimi dati macroeconomici. Da un lato, deve contenere l’inflazione; dall’altro, sostenere l’occupazione. Se un’inflazione ancora prossima al 3% e in accelerazione impone un approccio più cauto in virtù del doppio mandato della Fed, il raffreddamento del mercato del lavoro emerso in modo abbastanza netto nelle ultime rilevazioni rappresenterebbe di per sé un valido motivo per l’istituto centrale per ridurre in modo deciso i tassi di interesse