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Deficit e debito, alta tensione in Francia (e non solo)
03 settembre 2025#WeeklyWatch

Deficit e debito, alta tensione in Francia (e non solo)

Instabilità politica e dubbi sulla sostenibilità del debito tornano sotto i riflettori e stavolta è Parigi il “malato d’Europa”. Ma i timori su deficit e tassi di finanziamento sono comuni a tutta l’area Ocse, con Stati Uniti e Regno Unito tra gli osservati speciali dei ‘bond vigilantes’. Uno scenario in cui i titoli di Stato non sono più l’ancora di salvezza di un tempo.

Spread, costi di rifinanziamento e sostenibilità del debito pubblico. Parole che alcuni anni fa erano all’ordine del giorno tra i timori degli investitori e che stanno tornando ad affacciarsi sui mercati obbligazionari di tutto il mondo. A cambiare, rispetto agli anni della crisi del debito dell’Eurozona, sono gli osservati speciali dei ‘bond vigilantes’. Il Paese che più preoccupa gli investitori è la Francia, definito pochi giorni fa dal Wall Street Journal il ‘vero malato d’Europa’, a causa di una combinazione di instabilità politica e deficit di bilancio. Ma a suscitare timori non è solo Parigi, con i tassi di finanziamento del debito pubblico che si sono impennati anche in altri grandi Paesi, come il Regno Unito e il Giappone, mentre da pochi mesi gli Stati Uniti hanno perso il loro rating ‘AAA’ e perfino la posizione di bilancio della Germania appare da inizio anno meno ‘granitica’ rispetto al passato recente.
 

Come orientarsi in un mercato obbligazionario dove il rischio sembra tornato a farla da padrone?

La Francia in bilico

Tre governi in meno di 20 mesi, un deficit di bilancio pubblico che resta stabilmente sopra il 5% del PIL, costi del debito tornati ai massimi dal 2011 e un’economia in stagnazione ormai da tre anni. Questi sono gli elementi di crisi che si stanno addensando su Parigi. Il governo del premier François Bayrou si prepara ad affrontare un voto di sfiducia l’8 settembre, prima di presentare in Parlamento la legge di bilancio che con 44 miliardi di tagli alla spesa sembra indispensabile a riequilibrare le finanze pubbliche francesi.

Il consolidamento fiscale per Parigi è necessario. La Francia viene da anni di significativo deficit di bilancio primario (ovvero senza considerare la spesa per gli interessi sul debito), quando a titolo di confronti l’Italia registra invece un avanzo primario. Questo sta portando a un aumento del costo del debito, con il rendimento dei titoli decennale che sta muovendosi verso il 4%”, spiega Paolo Baldessari, Responsabile Gestioni Income & Alternative Strategies per l’area Asset Management di Banca Generali.

In questo scenario, “la traiettoria del debito pubblico, come detto, anche dallo stesso premier Bayrou, è insostenibile, con il rapporto debito/PIL che a fine 2026 dovrebbe superare il 120%. Un altro elemento di debolezza per la Francia è l’elevato livello di dipendenza dagli investitori stranieri, nel caso di Parigi in particolare giapponesi, che proprio in questo momento stanno tornando a investire sui propri titoli di Stato i cui rendimenti sono tornati competitivi”, prosegue Baldessari.

La quota di debito pubblico della Francia detenuta da investitori esteri

L’alta probabilità che l’esecutivo Bayrou venga sfiduciato, aprendo le porte a una nuova crisi istituzionale e a un ritardo nella presentazione della legge di bilancio, coincide con la revisione del rating sul debito francese da parte dell’agenzia Fitch, atteso il 12 settembre, con il giudizio, attualmente a ‘AA-‘, che appare appeso a un filo. E non solo. La revisione del rating da parte di Moody’s è attesa per ottobre e quella di S&P a novembre. “Se questa incertezza prosegue, i tagli ai giudizi sono destinati ad arrivare”, continua il gestore.

Regno Unito, i tassi volano su nuovi record

Se la Francia è sull’orlo di un declassamento del rating, sull’altro lato della Manica le prospettive non sono molto migliori. I rendimenti dei titoli di Stato britannici a 30 anni hanno raggiunto il livello più alto dal 1998, intensificando la pressione sul Tesoro britannico che sta preparando il bilancio autunnale.

Si stima che si sia aperto un gap di 66 miliardi di sterline rispetto ai target di bilancio del governo. Per colmarlo servono tagli alla spesa o un aumento delle imposte e la maggioranza laburista del Parlamento appare contraria a queste proposte”, spiega il gestore di Banca Generali.

Tassi di finanziamento più alti peggiorano la dinamica del debito, innescando i timori degli investitori alzando a loro volta i rendimenti in un circolo vizioso che sta mettendo a dura prova la capacità del governo di Londra di assicurare la promessa di disciplina di bilancio.

Inoltre, nel Regno Unitoabbiamo già avuto una crisi, nel 2022, quindi gli investitori già chiedono un premio più alto per investire in questo mercato, che sconta anche dimensioni più ridotte”, sottolinea Baldessari.

Usa, la tripla A è un ricordo

A maggio ha fatto rumore la decisione di Moody’s di declassare il rating del debito pubblico Usa, a causa di una finanza pubblica del governo federale americano in salute tutt’altro che perfetta, con un deficit da anni stabilmente sopra i 1000 miliardi di dollari e un debito pubblico complessivo oltre i 37.000 miliardi di dollari, con quasi il 18% delle entrate fiscali utilizzato per coprire la spesa per interessi. E una politica di bilancio dell’amministrazione Trump che è andata nella direzione di ulteriore deficit con il Big Beautiful Bill.

Negli Stati Unitila situazione è complessa e inedita, con un mix di politiche fiscali molto espansive, una politica commerciale protezionistica e poco prevedibile, disoccupazione ai minimi e politica di bilancio molto espansiva. Un contesto che sembra prefigurare uno scenario di fiscal dominance, in cui l’alto deficit e debito obbligano la banca centrale a una politica accomodante. In questo senso si spiegano gli attacchi di Trump alla Fed, diretti a portare l’autorità monetaria verso tagli dei tassi che rendano meno oneroso rifinanziare il debito”, sottolinea l’esperto.

Un problema globale

Debito e deficit elevati non sono un problema solo di Francia, UK e USA. Tutta l’area Ocse (i 38 Paesi membri dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) deve fare i conti con un debito pubblico elevato e importanti fabbisogni di rifinanziamento.

Le emissioni annue di debito pubblico nei Paesi Ocse

Il debito pubblico complessivo dei Paesi Ocse intorno ai 60.000 miliardi di dollari, ovvero l’84% del PIL ed emissioni attese a oltre 17.000 miliardi di dollari nel 2025. Gli Stati sono sempre più indebitati e collocamenti continui sono una necessità se si pensa che il 45% dei titoli arriverà a scadenza entro il 2027. Negli scorsi anni molta dell’offerta era assorbita dagli acquisti delle banche centrali, che ora stanno riducendo i loro bilanci, rendendo più difficile rifinanziare il debito, soprattutto quello a lunghissima scadenza che, non a caso, registra massimi di rendimento in quasi tutti i Paesi, dagli Usa al Giappone passando per Francia, Germania e Regno Unito”, continua Baldessari.

L'aumento dei rendimenti dei bond a lunga scadenza in tutto il mondo

Lo scenario dei mercati obbligazionari sovrani si è quindi evidentemente fatto più complesso e volatile. Molti Paesi un tempo ritenuti tra i più affidabili sono ora ‘osservati speciali’ e l’intera asset class dei titoli di Stato non appare più un’ancora di sicurezza per il portafoglio come nel passato. Uno scenario che “riafferma la necessità di appoggiarsi a una gestione attiva non solo per selezionare gli emittenti e i singoli titoli di Stato da includere nel portafoglio, ma anche per bilanciare in modo diverso la componente obbligazionaria con l’inclusione di titoli obbligazionari corporate di alta qualità” spiega Baldessari.

Non è un caso, infatti, che il premio pagato da grandi emittenti Investment Grade sul loro rispetto a quello del Paese di riferimento sia nei pressi dei minimi storici (ad esempio lo spread tra un bond decennale di Microsoft e il Treasury Usa a 10 anni è di pochi punti base). “Molti emittenti corporate negli ultimi anni hanno ridotto l’indebitamento e mantenuto una grande disciplina di bilancio, mentre i governi aumentavano la spesa in deficit. Anche in questo senso si spiega la compressione degli spread. Una gestione professionale è indispensabile per tenere conto di nuovi paradigmi come questo e navigare il mercato ricercando opportunità e riducendo il rischio”, conclude il gestore.  

Paolo Baldessari, Responsabile Gestioni Income & Alternative Strategies per l’area Asset Management di Banca Generali. Paolo Baldessari, Responsabile Gestioni Income & Alternative Strategies per l’area Asset Management di Banca Generali.
"Il consolidamento fiscale per Parigi è necessario. La Francia viene da anni di significativo deficit di bilancio primario e la traiettoria del debito pubblico, come detto, anche dallo stesso premier Bayrou, è insostenibile, con il rapporto debito/PIL che a fine 2026 dovrebbe superare il 120%. Il debito pubblico complessivo dei Paesi Ocse intorno ai 60.000 miliardi di dollari, ovvero l’84% del PIL ed emissioni attese a oltre 17.000 miliardi di dollari nel 2025. Gli Stati sono sempre più indebitati e collocamenti continui sono una necessità se si pensa che il 45% dei titoli arriverà a scadenza entro il 2027"

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