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Investire in tempi di guerra
Investire in tempi di guerra
19 ottobre 2023#WeeklyWatch

Investire in tempi di guerra

I rialzi di oro e petrolio sono ad oggi contenuti. Se i beni rifugio sono storicamente i più ricercati in queste fasi di incertezza e volatilità il quadro di oggi è ben diverso dal conflitto del 1973. Per Cominotto (Banca Generali) l’embargo petrolifero risulta improbabile.

Niente si ottiene in guerra e finanza se non per mezzo di precisi calcoli. L’aforisma – attribuito da più parti a Napoleone e adattato da filosofi moderni – calza a fatica con l’attuale contesto geopolitico e macroeconomico. Mentre si moltiplicano le previsioni di analisti e osservatori è sempre più evidente che con l’attuale volatilità dei mercati e la velocità con cui si susseguono attriti e tensioni la parola chiave in Borsa così come nei portafogli è: prudenza.

Non è ancora chiaro, infatti, se gli eventi in Medio Oriente avranno un impatto sulla politica monetaria in Europa e negli Stati Uniti. E questa è solo una delle incognite all’orizzonte. Generalmente l'incertezza tende a portare all'acquisto di beni rifugio, che in determinati scenari potrebbero vedere un'inversione di tendenza nel recente aumento dei rendimenti dei titoli di Stato.

Corrado Cominotto, responsabile gestioni patrimoniali attive, area asset management di Banca Generali, spiega in questo modo il concetto: “Il conflitto a cui stiamo assistendo in questi ultimi giorni in Palestina rappresenta certamente una fonte di volatilità in più in un contesto macroeconomico caratterizzato dall’incertezza già presente derivante dalle prossime mosse delle banche centrali volte al contenimento dell’inflazione”.

Va ricordato che la situazione attuale si presenta in maniera diversa da quella che aveva caratterizzato il conflitto tra Israele e una coalizione di nazioni arabe, principalmente Egitto e Siria, che è scoppiato il 6 ottobre 1973, durante il giorno di Yom Kippur, il giorno più sacro nell'ebraismo.

Allora l'Egitto e la Siria avevano il sostegno di molti Paesi arabi, e l'Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (Opec) decise di utilizzare il petrolio come arma politica. L'OPEC dichiarò un embargo petrolifero contro gli Stati Uniti e altri paesi visti come sostenitori di Israele comportando un aumento del prezzo del petrolio da 3 a 12 dollari al barile con conseguenti effetti negativi sull'economia globale”, ricorda Cominotto.

Cosa ci insegna la storia

Se si guarda a quanto accadde durante gli anni Settanta, ad attrarre maggiormente gli investitori furono beni rifugio come l’oro (da circa 100 del 1973 salì sino a un massimo di circa 850 nel 1980) e l’argento. Diverso il discorso per i titoli governativi: ad esempio il Treasury Usa, durante il periodo in oggetto, soffrì dei forti rialzi dei tassi di mercato dovuti alla fiammata inflazionistica innescata in tutti i Paesi sviluppati dall’impennata vertiginosa del prezzo del petrolio.

Attualmente un embargo di queto tipo risulta altamente improbabile. Se però dovesse essere coinvolto l’Iran potrebbe verificarsi un aumento repentino del prezzo del petrolio oltre i 120 dollari al barile facendo tornare negli investitori lo spettro di un fenomeno reflattivo che potrebbe portare i banchieri centrali a rimanere più ‘hawkish’ del previsto causando di fatto una recessione”.

Più in generale se si guarda a quanto avvenuto storicamente in casi simili ad attrarre maggiormente gli investitori sono stati beni rifugio come i titoli governativi, in particolare il Treasury che fornisce anche la diversificazione valutaria derivante dal dollaro americano.

Fino ad oggi inseguito all’attacco dello scorso sabato 7 ottobre stiamo assistendo a un rialzo sia di petrolio e oro tutto sommato contenuto. In effetti entrambe le asset class rimangono tuttora entro livelli già trattati nelle ultime settimane. Anche i mercati obbligazionario e azionario nel loro complesso non hanno registrato significative variazioni”, conclude Cominotto.

Corrado Cominotto, Responsabile gestioni patrimoniali attive di Banca Generali Corrado Cominotto, Responsabile gestioni patrimoniali attive di Banca Generali
Il conflitto a cui stiamo assistendo in questi ultimi giorni in Palestina rappresenta certamente una fonte di volatilità in più in un contesto macroeconomico caratterizzato dall’incertezza già presente derivante dalle prossime mosse delle banche centrali volte al contenimento dell’inflazione

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