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Settembre, anche nel 2025 il mese più crudele per i mercati?
04 settembre 2025#WeeklyWatch

Settembre, anche nel 2025 il mese più crudele per i mercati?

Quello appena iniziato è statisticamente il peggior mese per Wall Street dal 1928 ad oggi. Un trend stagionale con diverse possibili motivazioni, ma poche certezze. Nel settembre 2025 però a guidare le Borse, in particolare negli Usa, saranno dalle condizioni macro e dalla politica della Fed

L’autunno non è un periodo fortunato per i mercati finanziari, e per l’azionario in particolare. La memoria di molti corre subito ai grandi ‘crack’ di Wall Street, avvenuti a ottobre: il crollo del 1929, il Lunedì Nero del 1987 e le peggiori giornate della Crisi Finanziaria del 2008. Ma guardando ai numeri, è settembre il mese statisticamente peggiore dell’anno, almeno per la Borsa statunitense.

Settembre, a livello statistico, è effettivamente considerato uno dei mesi più difficili per i mercati azionari, in particolare per l’indice americano S&P 500. Dal 1928 al 2024, l’S&P 500 nel mese di settembre ha registrato una performance cumulata peggiore rispetto a quella di tutti gli altri mesi dell’anno”, spiega Andra Mongardini, portfolio manager di Banca Generali.

In media, il calo accusato dall’indice S&P 500 nel corso del mese è di oltre l’1,1%, non lontano dal -1% del Dow Jones.  Fa solo leggermente meglio il Nasdaq Composite, che in media cede circa lo 0,9%. E le performance sembrano peggiorare negli ultimi anni. Nell'ultimo decennio, il rendimento medio dell'indice S&P 500 nel mese di settembre è stato vicino al -2%.

Questo fenomeno è ormai piuttosto celebre e noto come ‘effetto settembre’, e non riguarda solo gli Stati Uniti ma più in generale anche i mercati azionari a livello globale”, spesso condizionati dai trend dell’equity americano, continua Mongardini.

Le motivazioni

Una anomalia di questa portata (l’unico altro mese storicamente negativo per l’S&P 500 è febbraio, e solo dello 0,1%) non può essere casuale e quindi le spiegazioni per ‘l’effetto settembre’ sono numerose.

Le principali motivazioni che possono aiutare a spiegare tale fenomeno sono diverse: a partire dai ribilanciamenti di portafoglio dei principali asset manager per posizionarsi per l’ultima parte dell’anno, alle vendite da parte dei fondi comuni per un ‘window dressing’ (la pratica con cui si acquistano o vendono titoli in un determinato momento per ottimizzare la fiscalità sulle plusvalenze e/o per dare l'impressione di ottenere risultati migliori), a fine anno fiscale”, sottolinea Mongardini.

Altre spiegazioni includono anche la psicologia degli investitori istituzionali, che tornano dalle vacanze agostane sapendo di trovarsi di fronte a un mese storicamente difficile, affrontando così settembre in un mood più ‘pessimista’, in una sorta di profezia che si autoavvera.

Infine, anche il comportamento degli investitori retail potrebbe giocare un ruolo: i risparmiatori, tornati dalle vacanze estive, sono a corto di liquidità per investire e spesso si trovano a ‘risparmiare’ in vista delle spese per le festività di fine anno.

Cosa attendersi nel 2025?

Qualunque sia la ragione principale della cattiva performance dei mercati a settembre, nel 2025 i driver fondamentali per Wall Street non mancano: dalla politica commerciale e fiscale, alle evoluzioni dello scenario geopolitico, passando per i trend macroeconomici e di politica monetaria.

In questo settembre 2025, riteniamo che più che la stagionalità e la statistica a determinare maggiormente l’andamento dei mercati azionari possano essere i segnali sul trend del mercato del lavoro americano che determineranno la politica monetaria della Federal Reserve a cominciare dal meeting del 17 settembre. In particolare, l’occupazione negli Stati Uniti determinerà l’entità e la velocità dei tagli che arriveranno nelle prossime riunioni della Fed e che sono stati prefigurati dal presidente Powell a Jackson Hole nelle scorse settimane”, prevede Mongardini.

Al momento, infatti, spiega il gestore, “i dati dell’inflazione sembrano essere ancora troppo elevati per immaginare tagli frequenti dei tassi da qui ai prossimi mesi, ma un ruolo chiave lo avranno, come detto, i dati sull’occupazione. Ci attendiamo pertanto volatilità prima e dopo il meeting della banca centrale americana”.

“Rimaniamo comunque positivi verso un’economia che cresce al di sopra del 3% con una crescita attesa degli utili per il prossimo anno attesa al 14%. Uno scenario in cui è fondamentale avvalersi della gestione attiva e professione per tenere sotto controllo l’emotività negli investimenti, dato che come si vede la volatilità può essere causata non solo dai trend fondamentali del mercato, ma anche da fluttuazioni stagionali o statistiche”, conclude Mongardini.

Andra Mongardini, portfolio manager di Banca Generali. Andra Mongardini, portfolio manager di Banca Generali.
Settembre, a livello statistico, è effettivamente considerato uno dei mesi più difficili per i mercati azionari, in particolare per l’indice americano S&P 500. Questo fenomeno è ormai piuttosto celebre e noto come ‘effetto settembre’. In questo settembre 2025, riteniamo che più che la stagionalità e la statistica a determinare maggiormente l’andamento dei mercati azionari possano essere i segnali sul trend del mercato del lavoro americano.

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