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Powell fermo sotto le bordate di Trump. Sulle riserve la vera partita tra Fed e politica
20 giugno 2025#WeeklyWatch

Powell fermo sotto le bordate di Trump. Sulle riserve la vera partita tra Fed e politica

La Federal Reserve non taglia i tassi, ma prevede di farlo a settembre e dicembre. Il presidente Trump spara a zero su Powell, ma sul debito a contare di più è la politica fiscale. E sullo sfondo il tema delle riserve vede la politica premere sulla banca centrale.

In una decisione largamente attesa da mercati e analisti, la Federal Reserve ha lasciato invariati i tassi d’interesse nella riunione di giugno, ma il percorso della banca centrale americana da qui a fine anno è meno definito per quanto riguarda il resto del 2025.

Nessuno si attendeva un taglio dei tassi, e lo stesso vale per la riunione di luglio”, commenta Paolo Baldessari, Responsabile Fixed Income & Alternative per l'area dell'Asset Management di Banca Generali, sottolineando come il mercato sia più concentrato sul prevedere le mosse nelle riunioni di settembre e dicembre.

Un quadro complesso

Il board e il presidente Jerome Powell si trovano infatti di fronte a una situazione complessa. I conflitti commerciali innescati dalla Casa Bianca, da un lato promettono di indebolire la crescita e dall'altro rischiano di avere un impatto al rialzo sull'inflazione, quantomeno nel breve termine.  

Ora il quadro per il numero 1 del Fomc è complicato anche dai nuovi fronti di guerra che si sono aperti in Medio Oriente tra Iran e Israele con il prezzo del petrolio in netto rialzo che potrebbe riaccendere la componente dell'inflazione legata all'energia.

Le ultime stime macroeconomiche e sulla traiettoria dei tassi (i cosiddetti dots, che esprimono le attese dei funzionari Fed sui tassi nei prossimi mesi) sono state particolarmente rilevanti in questa riunione, perché oggi la banca centrale ha un po’ più di visibilità sui dazi rispetto all’ultimo meeting. Oggi il rischio legato al tema delle tariffe è un po’ rientrato, soprattutto per quanto riguarda la Cina”, spiega Baldessari.

La Fed sembra quindi fiduciosa che “un impatto sui prezzi dalle incertezze sul commercio ci sarà, ma sarà temporaneo”, prosegue il gestore. Più rilevante il taglio alle stime di crescita ridotte all’1,5% per il 2025, rispetto al precedente 1,7%. Queste stime, insieme alle previsioni dei dots, cementano le attese del mercato per due tagli dei tassi, a settembre e a dicembre.

Le critiche di Trump e il peso del debito

Chi non condivide la cautela della Fed e del suo presidente Powell è Donald Trump. L’inquilino della Casa Bianca ha definito Powell (che lui stesso ha nominato al vertice della Fed nel 2018) come “uno stupido”, sottolineando che a suo avviso “dovremmo avere tassi più bassi di 2,5 punti, pagheremmo molto meno di debito”.

Il tema del debito americano e della sua sostenibilità è molto caldo, ma secondo Baldessari è solo relativamente legato alla politica della Fed.

Il tasso di riferimento della Federal Reserve e in particolare quello “di equilibrio a lungo termine, può influenzare il rendimento dei Treasury Usa, ma quello che si vede nei prezzi è che il tasso decennale sui titoli di Stato americani è un po’ disancorato, con un premio per il rischio più alto rispetto al passato, legato al tema della politica fiscale del governo statunitense.  Su questo tema non abbiamo ulteriore visibilità perché la legge di bilancio è ferma in Parlamento”, continua Baldessari.

Nel complesso, “la Fed rimane sotto una pressione politica molto forte”, dice Baldessari, sottolineando come la Casa Bianca stia già cercando un sostituto per Powell, il cui mandato di presidente scade a maggio 2026. Tuttavia, rimarca il gestore di Banca Generali, “tutti gli attuali membri del board resteranno grossomodo stabili; quindi, l’indipendenza della Fed non sembra essere minacciata nel breve termine dalla politica”.

Il tema delle riserve

Su un tema meno vistoso dei tassi ma molto rilevante potrebbe però farsi sentire l’influenza politica sulla banca centrale. È la remunerazione delle riserve.

L’aumento vertiginoso dei bilanci delle banche centrali dopo la crisi del 2008 e poi durante il COVID ha portato con sé un grande aumento delle riserve delle banche presso la Fed. “Parliamo di 3.300 mld di dollari ad oggi. Su queste riserve la Fed paga un tasso alle banche del 4,4% e si tratta di un’attività in fortissima perdita, 80-100 mld l’anno. Questo ha suscitato diverse proposte politiche, come quella del senatore Repubblicano Ted Cruz, che propone che la Fed smetta di pagare interessi sulle riserve. Questo toglierebbe uno strumento di politica monetaria alla Fed e soprattutto metterebbe ancora di più in discussione la centralità del dollaro nel sistema finanziario globale, per come si formato dopo la crisi del 2008. È un esempio di come anche una proposta politica in apparenza tecnica e meno ‘rumorosa’ delle bordate di Trump possa avere un profondo impatto sui mercati e sull’attività della banca centrale”, conclude Baldessari.

Paolo Baldessari, Responsabile Fixed Income & Alternative per l'area dell'Asset Management di Banca Generali Paolo Baldessari, Responsabile Fixed Income & Alternative per l'area dell'Asset Management di Banca Generali
"La Fed rimane sotto una pressione molto forte, Trump è alla ricerca di un sostituto per Powell, ma tutti gli attuali membri del board resteranno grossomodo stabili. Invece altre proposte della politica, come sulla remunerazione delle riserve, in apparenza tecniche e meno ‘rumorose’ delle bordate di Trump, potrebberoavere un profondo impatto sui mercati e sull’attività della banca centrale".

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