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Dollaro giù, emergenti in recupero: come leggere la danza delle valute
09 luglio 2025#WeeklyWatch

Dollaro giù, emergenti in recupero: come leggere la danza delle valute

Da inizio 2025 la volatilità sui mercati non ha risparmiato neppure le valute. Il dollaro ha messo a segno la peggior performance degli ultimi 50 anni, perdendo circa il 10%, con conseguenze importanti sui portafogli. E mentre yen e sterlina si sono mossi nervosamente, gli emergenti hanno recuperato a sorpresa

Valute, divise e cambi non sempre attirano l’attenzione degli investitori quanto il mercato azionario. I movimenti di questi asset, al di fuori di alcuni mercati emergenti, sono spesso graduali e poco vistosi. Tuttavia, la volatilità di questa prima metà del 2025 ha mostrato come anche il mercato valutario non sia immune dalle turbolenze, con scostamenti anche a doppia cifra in poche settimane, e come questi movimenti possano condizionare in modo significativo la performance del portafoglio nel suo complesso. Ma quali sono le ragioni di questa volatilità? E quali le prospettive delle principali valute globali?

Il dollaro

Il dollaro, la valuta di riserva globale, è stato sotto i riflettori dei mercati da inizio anno, in particolare da aprile in poi, per il forte indebolimento che è seguito alle turbolenze innescate dal Liberation Day del presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Perdite che, a differenza di altri asset come l’azionario, non sono state riassorbite con la stabilizzazione della situazione commerciale. Da inizio anno l’euro guadagna oltre il 12% contro il dollaro, mentre il Dollar Index, che misura l’andamento della valuta Usa contro un paniere di 16 altre monete globali, perde circa il 10% nello stesso periodo.

Il biglietto verde è il canale attraverso cui i mercati stanno prezzando una serie di incertezze sugli Stati Uniti: la politica fiscale, i rapporti commerciali con il resto del mondo, prospettive di crescita in indebolimento e i dubbi sulla futura indipendenza della Federal Reserve. Nel dollaro al momento c’è un premio per il rischio su tutti questi fattori”, spiega Paolo Baldessari, Responsabile Gestioni Income & Alternative Strategies per l’area Asset Management di Banca Generali.

Il gestore sottolinea come questo premio “spiega come mai un cambio come l’euro/usd non sia più guidato, come succede storicamente, dal differenziale dei tassi tra Europa e Stati Uniti, che con rendimenti di 150 punti base più alti negli Usa non giustificherebbe un così forte sconto sul biglietto verde. La crisi dei dazi di aprile ha rotto questo legame tra cambio e tassi, per il momento”.   

Differenziale dei tassi Usa/UE e andamento dell'euro/dollaro

Sul fronte dei tassi, gli analisti non vedono la possibilità di un cambiamento di rotta a breve, con la Fed prudente nei confronti di un allentamento della politica e la Bce che potrebbe forse tagliare ancora i tassi una volta da qui a fine anno, secondo quanto prezzato dal mercato.

È difficile pensare che la Fed tagli rapidamente i tassi con un mercato del lavoro Usa che si è confermato forte e aspettative di inflazione tornate a salire, sia sul breve termine (a causa dell’atteso impatto dei dazi) sia sul lungo termine”, continua Baldessari.

A riequilibrare la situazione del dollaro verso una ripresa, spiega il gestore, “potrebbe esserci un ritorno degli investitori verso i rendimenti interessanti offerti dai bond Usa”, detti anche carry, “ma solo se la situazione sul fronte delle trattative commerciali dovesse stabilizzarsi. C’è anche un tema di posizionamento degli investitori globali: al momento le scommesse al ribasso sul biglietto verde sono ai massimi recenti, un livello difficilmente sostenibile per lungo tempo e che in passato ha riportato a repentini rimbalzi”.

Il posizionamento ribassista degli investitori sul dollaro

Lo yen

La valuta giapponese, lo yen, è tra le divise che hanno meno approfittato dell’indebolimento del dollaro. Una circostanza che può sorprendere alla luce del fatto che la Bank of Japan è l’unica tra le grandi banche centrali globali ad essere ancora su un percorso di inasprimento della politica monetaria. Lo yen guadagna poco più del 6% sul dollaro da inizio 2025 (ma è in calo rispetto all’euro).

L’andamento degli ultimi mesi non deve ingannare. Lo yen resta su livelli sostenuti rispetto al passato recente e il trend della valuta giapponese è sostenuto da diversi fattori strutturali di lungo periodo. L’inflazione rimane alta e la BoJ per questo mantiene un atteggiamento da ‘falco’, seppur con prudenza. Questo sta facendo salire i tassi giapponesi, in particolare a lunga scadenza, a livelli che non si vedevano da moltissimi anni, con i titoli a 30 anni ormai al 3%. Questo, secondo quanto riporta la stampa, sta iniziando a spingere alcuni fondi pensione nipponici a valutare di chiudere le posizioni all’estero e tornare a investire in patria, una scelta che rafforzerebbe lo yen. Tuttavia, questi fondamentali positivi sono pregiudicati da una certa volatilità di breve termine, legate alle incertezze nei rapporti commerciali (dazi al 25% decisi ieri sera) con gli Usa ma anche alla politica interna, con la maggioranza di governo che appare fragile e molti partiti che propongono importanti stimoli fiscali (elezioni camera alta 20 luglio)”, spiega Baldessari.

La sterlina

Su un trend piuttosto incolore c’è la sterlina britannica, che negli ultimi mesi si è rafforzata contro il dollaro e ha ceduto terreno rispetto all’euro. Movimenti tuttavia non particolarmente importanti.

Nel Regno Unito “assistiamo a tendenze legate principalmente alla politica fiscale e in particolare alla poca visibilità sui conti pubblici di Londra. Quando si verificano tensioni, come nelle ultime settimane, la valuta tende a scendere insieme ai prezzi dei bond, in modo non dissimile da quello che abitualmente si vede nei mercati emergenti”, sottolinea il gestore di Banca Generali.

Le valute emergenti

In un periodo di tensioni commerciali che avrebbero dovuto penalizzarle, le valute emergenti hanno invece messo a segno una performance di tutto rispetto, con il paniere delle principali divise che ha guadagnato l’8% rispetto al dollaro (-5% rispetto all’Euro).

Questo rafforzamento è avvenuto in un contesto di deflusso di capitali da questi mercati (come d’altro in 5 degli ultimi 6 anni), quindi è stato probabilmente dovuto alla chiusura di posizioni ribassiste. La prudenza su questi asset è d’obbligo, ma se sul tema dazi dovessimo vedere più chiarezza, complici i rendimenti (carry) importanti offerti dai titoli emergenti, spesso a doppia cifra, potremmo veder aprirsi selettivamente delle opportunità”, aggiunge Baldessari.

Il sorprendente trimestre delle valute emergenti

Paolo Baldessari, Responsabile Gestioni Income & Alternative Strategies per l’area Asset Management di Banca Generali. Paolo Baldessari, Responsabile Gestioni Income & Alternative Strategies per l’area Asset Management di Banca Generali.
Il biglietto verde è il canale attraverso cui i mercati stanno prezzando una serie di incertezze sugli Stati Uniti: la politica fiscale, i rapporti commerciali con il resto del mondo, prospettive di crescita in indebolimento e i dubbi sulla futura indipendenza della Federal Reserve. Nel dollaro al momento c’è un premio per il rischio su tutti questi fattori.

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