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Il risparmio degli italiani nel 2023, una fotografia
Il risparmio degli italiani nel 2023, una fotografia
22 February 2024#WeeklyWatch

Il risparmio degli italiani nel 2023, una fotografia

Oltre un decennio perduto: dal 2011 la dipendenza dal mattone e i troppi soldi fermi sui conti hanno reso i patrimoni vulnerabili all’inflazione: -7,7% in termini reali e sorpasso subito da parte di francesi e tedeschi. E il ritorno del BTP non è la soluzione, meglio affidarsi alla diversificazione e alla gestione attiva

L’Italia è ancora un Paese di risparmiatori, ma se il loro risparmio viene impiegato in modo troppo concentrato e senza una consulenza professionale si rischia, nel lungo periodo, che i cittadini del nostro Paese diventino più poveri. È quanto emerge da due ricerche sul risparmio e la ricchezza delle famiglie italiane, pubblicate nelle ultime settimane da Banca d’Italia e dalla Fabi, la Federazione Autonoma Bancari Italiani.

In base alla fotografia dei patrimoni delle famiglie il 2011 e il 2022, scattata da Banca d'Italia e Istat, la ricchezza media degli italiani è infatti sì aumentata in undici anni dai 144 mila euro pro-capite a 176 mila euro, ma se si guarda allo stesso dato al netto dell’inflazione, il trend è in calo 7,7%. Nello stesso periodo, le famiglie francesi (da 124 mila euro a 213 mila) e tedesche (da 94 mila a 211 mila euro) hanno superato quelle italiane per ricchezza pro-capite, nonostante partissero, soprattutto nel caso della Germania, in significativo svantaggio.

La ragione è da ricercarsi in una asset allocation che, nel caso della grande maggioranza di risparmiatori e investitori che non si affidano a una consulenza professionale, è spesso tutt’altro che ottimale, lasciando i patrimoni, finanziari e non, vulnerabili ai cambi nello scenario economico e finanziario.

In primo luogo, c’è la dipendenza, ancora eccessiva, dal mattone, con l’immobiliare, residenziale e non, che rappresenta ancora il 94% della ricchezza non finanziaria delle famiglie. Da sempre l’investimento preferito degli italiani, case e terreni portano con sé un forte rischio di illiquidità, visto il calo dell’11% delle compravendite nel 2023. Non solo, negli ultimi 10 anni non sono stati in grado di assolvere al loro tradizionale ruolo di store di valore.

In base ai dati Istat aggiornati al 3* trimestre 2023, infatti, il prezzo medio delle case esistenti in Italia è sceso del 3,72% in dieci anni, un calo che in termini reali è ben superiore. Non stupisce quindi che il peso della ricchezza non finanziaria sul totale sia sceso di sette punti percentuali, dal 65% al 55%, per una perdita di valore di 500 miliardi di euro.

Un calo compensato dall’aumento della ricchezza finanziaria, il cui importo è lievitato di 1400 miliardi di euro tra il 2011 e il 2022. Anche in questo settore, tuttavia, emergono criticità. A fine settembre 2023, secondo i dati pubblicati dalla Fabi, la liquidità ferma su conti correnti e depositi rappresenta 1.572 miliardi di euro, quasi un terzo del totale della ricchezza finanziaria degli italiani, che alla stessa data totalizzava 5.216 miliardi di euro.

La liquidità nei conti correnti è alla mercé dell’inflazione, e il suo valore reale non può far altro che ridursi. È un fenomeno che non è certo nuovo, ma su cui si sono fatti passi avanti negli anni, soprattutto quando il morso della svalutazione si è fatto più deciso nel corso del biennio 2022-23. Non a caso nei primi nove mesi del 2023 i risparmi degli italiani sotto forma di titoli e fondi sono aumentati di 144 miliardi di euro.

Anche qui però il diavolo sta nei dettagli. Il dato, come mostra il +45% dei titoli obbligazionari in questo nuovo risparmio, è stato spinto dal ritorno in auge del BTP, tornato ad offrire cedole interessanti con l’aumento dei tassi di riferimento. Da un lato è positivo che i risparmiatori siano tornati a poter disporre dei titoli di Stato come fondamento della propria asset allocation, ma puntare solo sui Buoni del Tesoro crea un chiaro rischio di concentrazione e potenzialmente fa perdere occasioni migliori agli investitori.

Un esempio è il mercato azionario. Dal 2011 ad oggi, il mercato azionario italiano, misurato dall’andamento del Ftse MIB seppur caratterizzato da fasi di elevata volatilità come la crisi del debito europea del 2011-12 o la pandemia Covid del 2020, ha comunque registrato un rialzo del 50%, senza considerare il valore distribuito agli azionisti sotto forma di cedole. Per non parlare dell’azionario Usa, che nello stesso orizzonte temporale ha messo a segno un +279%.

Insomma, la volontà degli investitori italiani di concentrarsi sugli asset percepiti come più sicuri, evidente da sempre, può essere un boomerang, come mostrano i dati del periodo 2011-2022. La chiave resta la diversificazione, che negli anni si è rivelata il migliore scudo per proteggere i patrimoni dalla volatilità e dall’inflazione. Non solo: un portafoglio ben diversificato, composto da titoli e strumenti finanziari diversi, dai fondi alle polizze ai titoli alle gestioni patrimoniali attive, permette infatti di evitare una eccessiva esposizione al rischio senza rinunciare alle opportunità di guadagno.

Una composizione diversificata che deve essere costantemente adattata, con una gestione attiva, come illustrato nell’Outlook 2024 dall’Associazione Italiana Private Banking (AIPB), secondo cui in uno scenario così frammentato e in continua evoluzione, è sempre più necessario reagire con immediatezza ai cambi di tendenza e supportare i clienti nella lettura della complessità e nella percezione dei rischi, affiancandoli nelle scelte di allocazione del portafoglio.

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