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Banca Generali insieme a SDA Bocconi per migliorare la governance delle pmi italiane

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Banca Generali insieme a SDA Bocconi per migliorare la governance delle pmi italiane

Le 771 imprese che hanno migliorato il loro assetto di vertice hanno performance superiori e rischiano di meno quando investono all’estero: è questo quanto emerge dal rapporto del Corporate Governance Lab della SDA Bocconi in collaborazione con Banca Generali.

Il report è stato presentato ieri sera a Milano nell’aula magna della SDA Bocconi dal responsabile dell’Osservatorio, Alessandro Minichilli, e dal nostro responsabile del servizio di Family Protection di Banca Generali, Marzio Albonico.

I risultati del Corporate Governance Lab confermano in positivo – nonostante il periodo di crisi – la correlazione diretta tra governance d’impresa e risultati finanziari. Si tratta di un concetto che si rende sempre più evidente dal confronto con le aziende sul territorio e che ci ha spinti a sviluppare un intero modulo di consulenza ad hoc per i nostri clienti-imprenditori. Il nostro obiettivo è ora quello di integrare all’interno del nostro modello di open banking i risultati e le best practice emerse dall’Osservatorio, così da fornire ai nostri clienti soluzioni accurate e personalizzate per prendersi cura del proprio patrimonio d’azienda in uno scenario di mercato reso sempre più complesso dalle incognite geopolitiche, inflazionistiche e legate alla ripresa” dichiara Andrea Ragaini, Vice Direttore Generale di Banca Generali

Le imprese italiane che si sono dotate di modelli di governance più evoluti hanno tenuto meglio nel periodo della pandemia, e hanno saputo valutare più correttamente i rischi derivanti dall’internazionalizzazione, investendo maggiormente nei Paesi più sicuri. Il Report 2022 del Corporate Governance Lab della SDA Bocconi considera il biennio 2018-2020 e analizza tutte le 5.398 imprese italiane con fatturato superiore ai 50 milioni di euro, monitorandone la governance e l’assetto proprietario.

Ogni anno per ciascuna impresa è calcolato l’indice di corporate governance (ICG), elaborato dal CGLab sulla base di cinque parametri: esistenza di un CdA, leadership individuale (ossia presenza di un solo leader esecutivo), presenza di consiglieri esterni, separazione delle cariche di presidente e amministratore delegato e diversity del CdA, ossia eterogeneità del Consiglio per bilanciamento di genere, età e provenienza geografica.

Tutti i parametri si sono mossi in senso positivo: la diversity è aumentata in 229 imprese, il CdA è stato introdotto ed è stato aperto a consiglieri esterni rispettivamente in 79 e 182 casi. Hanno separato le cariche di presidente e amministratore delegato 377 imprese, e 251 sono passate a una leadership individuale. Le imprese con un ICG in crescita sono state 771, il 14% del totale.

Un primo risultato di rilievo emerso nel rapporto è che, per quanto nel periodo considerato le imprese italiane mediamente abbiano perso l’8,4% del fatturato, le imprese in cui l’ICG è migliorato hanno perso 2,3 punti in meno rispetto a quelle in cui è peggiorato. In queste ultime, nel 2020, è più frequente che si manifesti una perdita (+7,1 punti percentuali rispetto ai +5,2 p.p. delle imprese con indice stabile e +4,4 p.p. delle imprese con indice in miglioramento).

Un miglioramento dell’indice è associato anche a una maggior probabilità di distribuire dividendi. Un punto aggiuntivo di indice infatti porta a un aumento addirittura del 14,9% della probabilità di pagare dividendi. Inoltre, un punto aggiuntivo di indice si accompagna a una diminuzione del 7,4% della necessità di ricorrere a misure statali di sostegno. Altri risultati di rilievo, ed emersi per la prima volta su questi temi, si trovano nella parte del rapporto dedicata al rischio legato all’internazionalizzazione delle aziende. Per ciascuna delle tre categorie di rischio (politici, climatici e di credito) è stata condotta un’analisi della correlazione tra esposizione al rischio e ICG. Il risultato è molto chiaro: le imprese con una governance migliore riescono a valutare meglio i rischi, riducendo l’esposizione a contesti ad elevata incertezza. Ad esempio, le imprese con ICG più elevato hanno il 2,22% di possibilità di essere presenti nei Paesi a basso rischio politico ma solo lo 0,86% in quelli ad alto rischio politico, mentre per quelle con indice ICG più basso avviene il contrario: hanno l’1,27% di probabilità di investire in Paesi a minor rischio, contro una probabilità quasi doppia (il 2,44%) di essere in Paesi più problematici.

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