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La BCE aumenta i tassi: rischi di un Quantitative Tightening dal 2023?
La BCE aumenta i tassi: rischi di un Quantitative Tightening dal 2023?
02 novembre 2022#WeeklyWatch

La BCE aumenta i tassi: rischi di un Quantitative Tightening dal 2023?

Giovedì 27 ottobre la Banca Centrale Europea (Bce) ha deciso di alzare i tassi d’interesse di riferimento di 75 punti base, cioè dello 0,75%.

I tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali saranno innalzati al 2%, quelli sulle operazioni di rifinanziamento marginale al 2,25% e i tassi sui depositi presso la banca centrale all’1,50%, con effetto dal 2 novembre 2022.

Nella riunione del 15 dicembre che riguarderà le previsioni macroeconomiche per il 2023, saranno inoltre discussi i possibili scenari di riduzione del portafoglio di titoli, il temuto Quantitative Tightening.

Ma cos’è il Quantitative Tightening? Scopriamolo insieme.

Quantitative Tightening, cos’è?

Per rispondere a questa domanda bisogna innanzitutto fare qualche passo indietro nel tempo. Negli ultimi 10-15 anni, per fronteggiare diverse fasi di crisi economica, le principali banche centrali come la Federal Reserve americana e la Bce in Europa hanno adottato una politica monetaria che, tra gli addetti ai lavori, viene detta “accomodante” o espansiva, con l’obiettivo di mantenere l’inflazione nel target stabilito facendo leva soprattutto sui tassi d’interesse.

Infattii, per stimolare l’economia, far circolare il denaro e spingere le banche a concedere più prestiti la Bce e la Fed  hanno prima abbassato i tassi d’interesse portandoli al minimo storico, addirittura sotto lo zero. Poi, hanno iniettato liquidità nel sistema finanziario attraverso una misura che si chiama Quantitative Easing (“alleggerimento quantitativo”- QE) che è l’esatto opposto del Quantitative Tightening.

Euribor

Dal Quantitative Easing al Quantitative Tightening: perché?

Attraverso i QE le banche centrali mettono in circolazione un bel po’ di moneta acquistando soprattutto titoli di debito sul mercato, in particolare obbligazioni emesse dagli Stati o anche da società private. In certi periodi storici, per esempio dopo la crisi del 2008 o la crisi dell’euro del 2012-2013, dove si rischiava addirittura di finire in una spirale di deflazione, cioè di calo generalizzato dei prezzi provocato dalla depressione economica, il Quantitative Easing è stato utile a determinare un’inversione del ciclo economico.

In quelle circostanze storiche, le condizioni in cui è stato deciso il QE erano molto diverse da quelle attuali. Allora c’era infatti un’inflazione bassissima che tendeva a zero. Oggi, i prezzi stanno salendo a ritmi che non si vedevano da decenni per via di diversi fattori: in America per una corsa dei consumi e un rialzo dei salari, in Europa soprattutto per i rincari delle materie prime causati dalla guerra tra Russia e Ucraina.

Il quantitative easing (QE) è stato il principale strumento di politica monetaria negli ultimi 10 anni”, spiega  Paolo Baldessari, head of Fixed Income & Alternative Investments di Banca Generali che aggiunge: “Le banche centrali, alle prese con il collasso economico seguito alla Grande Crisi Finanziaria del 2008, capirono che la leva dei tassi di interesse era insufficiente per perseguire efficacemente i loro obiettivi”.

Tuttavia, spiega sempre Baldessari, “Con l’inflazione tornata a doppia cifra, le banche centrali hanno ricominciato a muovere la tradizionale leva dei tassi, spingendoli velocemente in territorio restrittivo per “raffreddare” economia e prezzi”.

Tassi d'interesse BCE

Quantitative Tightening: qual è l’obiettivo delle banche centrali?

Per fermare un’inflazione in forte crescita, la Bce deve dunque stemperare i consumi, alzando i tassi di interesse e riducendo anche la moneta in circolazione attraverso una misura non convenzionale quale è il quantitative tightening.

Questo restringimento della politica monetaria, oltre a ridurre la quantità di liquidità sul mercato, dovrebbe far scendere i prezzi dei titoli obbligazionari (e di conseguenza far innalzare i loro rendimenti) non essendoci più sul mercato un grande compratore come la Bce. Tale cambiamento naturalmente ha conseguenze anche per gli Stati sovrani poiché essi potrebbero dover finanziare il proprio debito ad un prezzo più alto.

Uno scenario del genere è molto “delicato”, visti i problemi che in passato ci sono stati in Eurozona, arrivata sull’orlo di una disgregazione dieci anni or sono, quando la Bce era molto meno interventista di oggi nella politica monetaria. Proprio per la delicatezza della situazione, la Bce potrebbe usare un approccio gradualista nel mettere in atto il quantitative tightening, il cui inizio è previsto dagli analisti verso la metà del 2023 mentre quello della Federal Reserve è già cominciato.

È importante quindi che il nuovo Governo”, conclude l’head of Fixed Income & Alternative Investments di Banca Generali, “si muova fin da subito per mettere in sicurezza i conti pubblici, evitando mosse azzardate che potrebbero compromettere il merito creditizio dell’Italia, oggi a un passo dall’essere declassato a “spazzatura” dalle principali agenzie di rating, decisione che potrebbe allontanare ancora i più gli investitori internazionali dal nostro debito”.

Paolo Baldessari, Head of Fixed Income & Alternative Investments at Banca Generali Paolo Baldessari, Head of Fixed Income & Alternative Investments at Banca Generali
Con l’inflazione tornata a doppia cifra, le banche centrali hanno ricominciato a muovere la tradizionale leva dei tassi, spingendoli velocemente in territorio restrittivo per “raffreddare” economia e prezzi.

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