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Trimestrali al via, ma inflazione e geopolitica rubano la scena
Trimestrali al via, ma inflazione e geopolitica rubano la scena
24 April 2024#WeeklyWatch

Trimestrali al via, ma inflazione e geopolitica rubano la scena

Al via la stagione dei conti, con aspettative positive soprattutto negli Usa e sul settore tech. Tuttavia, i fattori macro e il conflitto in Medio Oriente creano volatilità e dispersione. Uno scenario in cui è rischioso il trading fai da te e dove invece la gestione attiva e professionale può aiutare a proteggere dall’incertezza

La stagione dei bilanci trimestrali è iniziata su entrambe le sponde dell’Atlantico e gli investitori stanno tornando a guardare ai fondamentali delle società quotate per trovare direzione nelle loro scelte di investimento, dopo molte settimane in cui a guidare i movimenti dei mercati azionari sono stati geopolitica e macroeconomia. Infatti, dopo un primo trimestre da incorniciare per l’azionario globale, le prime settimane di aprile sono state turbate dal riscaldarsi del conflitto in Medio Oriente, con il conseguente rialzo del prezzo del petrolio, e dai segnali che l’inflazione negli Stati Uniti è ben più persistente di quanto atteso. Entrambi questi elementi hanno portato i mercati a ridurre le scommesse su tempistiche e portata degli attesi tagli dei tassi della Federal Reserve americana, una speranza su cui si è basato gran parte dell’ottimismo visto nel primo trimestre.

“La reporting season appena iniziata dovrebbe riportare il mercato azionario a concentrarsi maggiormente sui fondamentali rispetto alle notizie macro e a quelle riguardanti la direzione dei tassi, che stanno monopolizzando l’attenzione degli investitori”, spiega Andrea Mongardini, portfolio manager di Banca Generali.

L’esperto sottolinea come da inizio anno la performance dei mercati azionari sia ancora positiva, nonostante il nervosismo visto in molte sedute di aprile.

Il mercato azionario da inizio anno “ha registrato ritorni positivi nell’ordine del 10% in Europa e dell’8,5% circa in euro negli Stati Uniti trainato da dati macroeconomici più forti delle attese. In particolare, la crescita del prodotto interno lordo statunitense si sta rivelando superiore alle attese con il tasso di disoccupazione ai minimi storici” e questa positiva tendenza macroeconomica “sta sostenendo gli utili delle società quotate che nonostante la recente ripresa inflazionistica, al momento solo temporanea, si trovano ancora in un contesto di mercato favorevole”, continua Mongardini.

Per questo motivo le attese sulla crescita degli utili societari per l’intero 2024 rimangono nel complesso positive, a +9,2% su base annua negli Stati Uniti e a +3,1% nell’Eurozona. Guardando i dati e le attese più da vicino, tuttavia, lo scenario si fa meno uniforme e più complesso da leggere, sia geograficamente sia per quanto riguarda i settori.

“In Europa nel corso delle prossime due settimane a riportare i risultati del primo trimestre saranno società che rappresentano oltre il 60% della market cap”, ovvero il valore complessivo delle società in base ai prezzi di Borsa. “Attualmente le stime degli analisti per il primo trimestre prevedono una contrazione dell’8% degli utili per singola azione (EPS) in Europa, un trend che vede particolarmente penalizzato il settore energetico”, sottolinea Mongardini.

Il trend macroeconomico europeo è al momento più debole, ma questo potrebbe finire per favorire le azioni europee, in modo apparentemente controintuitivo, grazie ai suoi effetti sulla politica monetaria. “Nel complesso, l’azionario europeo fa i conti con un quadro economico che per il Vecchio Continente è sicuramente più debole rispetto a quello degli Stati Uniti. Questo al contempo potrebbe però consentire alle aziende europee di beneficiare per prime di un taglio dei tassi da parte della Banca centrale Europea e, di conseguenza, di un euro più debole che ne favorirebbe le esportazioni”, spiega Mongardini.

Sull’altro lato dell’Atlantico, circa 180 aziende appartenenti all'indice S&P 500 presenteranno i loro risultati questa settimana. Il valore di mercato di queste società rappresenta oltre il 40% della capitalizzazione complessiva dell'indice Usa. A far da padrone e da guida all’umore del mercato potrebbe però essere, come spesso accade da ormai alcuni anni a questa parte, giusto un pugno di grandissime società.

“Gli ormai celebri Magnifici Sette, di recente diventati cinque a causa delle deboli performance di Tesla e Apple, anche in questo inizio di 2024 stanno registrando performance superiori a quelli del mercato nel suo complesso. In particolare, l’utile per azione relativo al primo trimestre del 2024 di queste società dovrebbe, secondo le stime degli analisti, crescere del 40%, rispetto al +30% del comparto tecnologico nel suo insieme, al +4% dell’intero indice S&P 500 e al calo del 4% se si guarda ai titoli non tecnologici. Il divario in termini di crescita dei profitti tra i Magnifici Sette e gli altri titoli è comunque diminuito rispetto al 2023”, spiega il portfolio manager di Banca Generali.

Tuttavia, come detto in precedenza, utili, ricavi e altri dati di bilancio non sono gli unici elementi a determinare la performance dei mercati in questa fase. La situazione in Medio Oriente rappresenta un elemento di forte incertezza e una certa fonte di volatilità per i mercati finanziari. Basti guardare alla reazione degli indici globali in seguito all’attacco iraniano nei confronti di Israele e al concomitante movimento del prezzo del petrolio che è arrivato a toccare quota 91 dollari al barile per poi ritracciare intorno a quota 86 nei giorni successivi.

Uno scenario teso e dalle forti differenze, come si è visto, rende molto complesso ogni tentativo di trading fai da te da parte degli investitori individuali, anche di fronte a dati in apparenza chiari come quelli di bilancio.

“Alla luce degli ultimi dati macro al di sopra delle attese, si profila uno scenario di tassi più alti più a lungo, che porteranno a un’inevitabile dispersione dei rendimenti del mercato azionario, tanto a livello settoriale quanto di singoli titoli. Questo contesto reso complesso dalla concomitanza di numerosi fattori, porta ancora più in primo piano la necessità di una gestione attiva e professionale, intesa come capacità di adattare i portafogli su base tattica e strategica. La gestione attiva può infatti aiutare ad affrontare le rotazioni di stili di investimento o eventuali fenomeni esogeni come, ad esempio, il conflitto in Medio Oriente, aiutando a proteggersi da volatilità e incertezza”, conclude Mongardini.