Ma in generale, dopo oltre dieci anni di oblio quasi, è tutto l’azionario cinese a essere “recentemente tornato nel radar degli investitori, sia internazionali che domestici. I primi guardano infatti alla Cina spinti dalla necessità di una maggiore diversificazione geografica dei loro portafogli azionari, finora troppo concentrati sugli asset americani e sul dollaro”, prosegue Gerbella.
Una concentrazione vincente negli anni dello strapotere dei Magnifici 7, ma che si è invece dimostrata molto dannosa nel primo trimestre del 2025. Negli scorsi mesi “si è verificata un’imponente rotazione di capitali fuori dagli USA verso geografie fino ad allora sottoperformanti, tra cui l’Europa e i mercati Emergenti, mentre il conseguente deprezzamento del dollaro ha magnificato le perdite di periodo”, continua il gestore di Banca Generali. E una vulnerabilità che gli investitori vogliono eliminare attraverso la diversificazione.
Nonostante la sovraperformance dell’equity cinese nel 2025 finora, questo risulta ancora a sconto rispetto agli altri mercati e, spiega Gerbella, “potrebbe beneficiare di tutti gli interventi pro-ciclici messi in atto dalle Autorità negli anni recenti e della diffusione dell’Intelligenza Artificiale”.